

Un spazio è lì di fronte a noi ed è ancora caldo: è' stato il corpo di una persona del nostro passato a impregnarlo della propria presenza.
Ma adesso nn c'è più, se ne è andata. E quello è un oggetto lasciato nell'ombra e donato al silenzio.
Perché la sedia racconta l'assenza e ce la impone allo sguardo e ferisce e abbandona e diserta.
"Nella psicologia della Gestalt" - dice Fabio Terracina - "la tecnica della sedia vuota permette al paziente di dialogare con parti di se stesso spesso non ancora presenti alla consapevolezza ma anche evocare nel qui ed ora del setting terapeutico i fantasmi del passato, le persone che egli ha amato o odiato o anche solo idealizzato".
Abbiamo scelto "La Sedia" del pittore Domenico Gnoli perché ci piace pensare agli oggetti da lui raffigurati come ai luoghi del corpo.
Immagiando di lasciar sedere accanto a sé una persona assente, il paziente può incontrarla di nuovo e dirle ciò che non è riuscito mai a farle sapere davvero. Un'esperienza del genere può essere molto riparativa e può mettere in luce aspetti contrastanti della persona che evoca il passato, mostrando allo psicologo aspetti di sé che ancora non sono giunti alla consapevolezza del paziente.
Anche la tavola, raffigurata in un altro dipinto dell'artista, suggerisce l'idea dell'assenza e, nonostante si tratti di un oggetto, essa permette di compiere l'esperienza del vuoto e dell'abbandono.
"Ci accade spesso di provare un'angoscia infinita e un senso di nostalgia di fronte alla dipartita dell'altro" - continua Fabio Terracina.
Contemplare gli oggetti che sono appartenuti un tempo ad una persona che abbiamo amato e che ora non è qui con noi, è doloroso, straziante. Quei luoghi del corpo che adesso egli non abita più, constrastati dalla memoria, ancora intrisi del suo profumo e pervasi del suo ricordo, sono le tracce della sua presenza, del suo legame con noi, della sua scomparsa e della nostra speranza.
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