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ARTE: "Libera quel grido"



"C'è vento, è freddo, anche se è una bellissima serata di giugno" - racconta Valentina Bai. "Siamo tutti quanti in fila, non ci fanno entrare. Il fumo delle citronelle mi attacca alla gola anche se è bellissimo vedere le fiammelle impazzite, qui nel cortile del Teatro...è magico". Gli occhi della Bai si staccano dai miei come per guardare la memoria, e brillano. "Dicevano che lo spettacolo sarebbe andato in scena alle 21 ma sono già le nove e trenta" - prosegue, facendo una smorfia. "Quest'attesa è bella ma è snervante". Ora Valentina mi sorride, con una punta d'imbarazzo forse per la sua contraddizione.
"C'è molta gente e in questi casi incontro sempre qualcuno che conosco. Tra le facce" - dice - "vedo dei ragazzi vestiti in modo eccentrico con una smorfia di saccenza in volto, allora penso che saranno gli scagnozzi di qualcuno, mandati apposta per criticare tutto il tempo. Degli allievi attori, forse".
Valentina ama il teatro, da sempre, solo che è delusa dalle produzioni, dagli attori che affollano le sale alle audizioni e da certi spettacoli.
"Ecco, finalmente ci fanno entrare: si apre una porticina e le persone vengono risucchiate dentro. Lo spazio è bellissimo, con ampi archi di mattoni a vista e un uomo vestito di bianco immobile al centro della scena, con il volto coperto dalle proprie mani. Si abbassano le luci. Adesso guarda la platea. Dopo un lungo istante di silenzio, improvvisamente dalle porte laterali entrano gli attori e lo circondano. Le loro vesti sono nere. Il carceriere dai capelli rossi grida: è un comandamento, ed è la Bibbia. Un carceriere segue con un altro, ma evangelico; poi un terzo enuncia un verso del Corano e via di seguito. Ad ogni frase, lo schioppo di una frusta agitata da un'attrice dal vestito rosso, che credo sia proprio lei, la ballerina e coreografa"...
Valentina è innamorata anche della danza che ha praticato per diversi anni e che troppe volte l'ha ferita, con la sua ferrea disciplina e con i canoni assoluti che da sempre esige. Ma la danza è vita, dice; la ritiene imprescindibile, per un attore.
"Adesso tutti i carcierieri hanno il dito puntato contro di lui" - prosegue. “Colpevole! Colpevole! Shuldigar!” grida il carceriere con l'accento straniero e i capelli rossi" - gesticola la Bai. "L’uomo cade a terra. Come un masso. Sotto il peso assurdo della propria colpa. Parte la musica: i carcerieri iniziano una danza. Le luci rendono fantasmi i corpi in movimento, ad indicare che si tratta di un’immagine al di fuori dello spazio-tempo; un’immagine di sogno: antica, primordiale. Si sono quasi inginocchiati a terra; traslano la “quarta posizione” della danza; s’ afferrano all’interno la caviglia con il braccio destro, e con il gomito puntato invece esternamente, richiamando appena, forse, l’inchino di uno zanni. Un fascio d’arancione illumina quei volti seri ma solenni, lateralmente, come un'alba. L’uomo s'alza all'improvviso con un grido sospirato per gettarsi contro il carceriere dai capelli rossi e interrompendo quella danza. Si diffonde un suono, strano, misterioso. Sembrano campane tibetane. La sala vibra. Il carceriere s’alza, rompe la posizione finale che tutti avevano adottato, solleva il braccio, semplicemente, perché lui non ha bisogno della forza contro quell'inerme, e basta quel semplie gesto per respingere quello che in seguito sarà l'unica azione aggressivo del prigioniero: preme il palmo della mano sulla fronte di quell’uomo per lasciarlo ricadere sulla seggiola a rotelle, presa nel frattempo dalle quinte da una delle donne, lo spingono al centro della scena con le spalle al pubblico e gli si pongono dinnanzi, ieratici, schierati a ferro di cavallo.
Quell’uomo è prigioniero, ma di chi, e per che cosa? Sta per cominciare un dialogo serrato tra l’uomo e i suoi carnefici".
Con la regia di Fabio Terracina e con la collaborazione e partecipazione di una nota danzatrice/coreografa, lo spettacolo teatrale è andato in scena l'1 giungno 2006 al Teatro Sala Uno e è stato un atto unico, senza repliche.
Qui al lato, la locandina, che è stata creata in occasione della riedizione della performance attraverso la proiezione video presso il cinema Azzurro Scipioni, tutti i giovedì di giugno 2007.
A distanza di un anno, quindi, riprendeva vita, attraverso la proiezione. Con la regia video di Roberto Zazzara, il filmato, estremamente suggestivo fin dalle scene sul palco, vuole essere una sorta di documentario-testimonianza di quella che Fabio Terracina stesso ama chiamare "un accadimento, un evento isolato di quella che considero il punto di partenza per ogni mia ricerca teatrale, psicologica ed estetica".
Documentario non significa che il video manchi di quelle caratteristiche specifiche e di quella necessaria ed importante godibilità e bellezza che possiede un cortometraggio, un film, oppure il teatro studiato apposta per la televisione, pur non avendo le peculiari carattersitiche di nessuno di questi mezzi espressivi.
"Nigrosi è prima di tutto un fenomeno notturno" - prosegue il regista - "un atto d'amore e uno spazio di ribellione".

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