E’ stato un caso voluto e a tratti forzato che sotto il mio albero di Natale trovassi “La solitudine dei numeri primi”: un regalo del mio migliore amico e anche di un‘altra persona che da poco è entrata nella mia vita, questo sicuramente perché in un modo o nell’altro avevo fatto loro notare che avrei voluto leggere questo testo in mezzo alla miriade di romanzi che si accalcano sul mio comodino ogni settimana. Questo perché sono anch’io attratta dai fenomeni di massa come lo stesso “Il codice Da Vinci”, non tanto perché credo nella loro splendida unicità dalla quale mi lascio coinvolgere in maniera incondizionata o perché voglio erigermi a giudice di qualcosa di cui tutti parlano, nei bar davanti a un caffé, negli uffici durante la pausa per una sigaretta, o che tutti leggono, in piedi nella metropolitana affollata rischiando di cadere alla prima frenata del macchinista. Se ho letto “La solitudine dei numeri primi” è perché anche io volevo in certo senso farmi lasciarmi andare a questo...
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